Sottolineo solo un punto. Ogni analizzante è un freudo-aristotelico, dice Lacan, poiché crede poter risolvere la sua questione – questione che gli si dispiega nel particolare del suo sintomo – tramite il ricorso al linguaggio, e quindi all’universale. Insomma, come Aristotele, ogni analizzante sogna: sogna che il linguaggio, ossia l’universale, mettendo in forma il particolare del sintomo dica la verità della sua singolarità. Ecco perché l’analizzante è allievo di Aristotele. Per il semplice motivo che la logica che il grande filosofo era riuscito ad articolare è quella del significante: per Aristotele, come per Freud, l’inconscio è strutturato come un linguaggio. Irridendo Freud in altri passi e Aristotele in alcuni passaggi del Seminario XVIII, Lacan fa notare che si tratta dello scotto che tutti e due pagano per il fatto di aver connotato l’altra metà del mondo con i sembianti dell’isterica. All’isterica, Lacan sostituisce La donna – al singolare, e cioè quella che non c’è – e le donne – e cioè quelle che, invece, ci sono, eccome!
