Il caso de “L’uomo dei lupi” è il caso che più di ogni altro è entrato nella storia del movimento psicoanalitico come l’esempio paradigmatico dell’intervento clinico e del valore teorico della psicoanalisi. Eppure, forse non c’è mai stato caso più discusso e controverso sia a livello della teoria, per esempio per quanto riguarda la diagnosi, sia a livello della clinica, per esempio per quanto riguarda lo svolgimento della cura.
Dopo aver restaurato la dimensione strutturale del complesso di Edipo e aver dimostrato l’omogeneità significante delle formazioni dell’inconscio e dell’interpretazione nei seminari precedenti, J. Lacan affronta in quello del 1958-59 la questione del desiderio.
È il momento del suo insegnamento in cui il desiderio non è più solo riferito alla dialettica del riconoscimento, ma situato appunto secondo le coordinate che fissano il soggetto in una certa dipendenza rispetto al significante. Il desiderio ne risulta quindi come l’effetto di significato inarticolabile di ogni parola, al di qua dell’alienazione del bisogno nella domanda. È il momento in cui è sottolineato il carattere fondamentalmente estraneo a ogni radice istintiva della pulsione freudiana, ricondotta a una domanda silenziosa, a ciò che resta della domanda quando non formula più alcun bisogno e il soggetto si riduce alla propria abolizione.
La psichiatria inglese e la guerra è un vero gioiello. Cogliendo i contributi sulla teoria dei piccoli gruppi elaborati dagli allievi di Melanie Klein, Lacan ha scritto un autentico piccolo trattato di politica.
Su questo testo faremo tre osservazioni: si tratta di una sistematizzazione in tempo diretto; di una rilettura di Massenpsychologie attraverso la dialettica dell’Ideale e dell’oggetto del fantasma; e infine Lacan vi annuncia i principi organizzatori di una Scuola di psicoanalisi.
Il procedimento inventato da Freud può essere riassunto in due termini: l’associazione libera, che definisce il compito dell’analizzante, e l’interpretazione, cioè la risposta dell’analista. Ma questi due termini non definiscono totalmente il legame analitico e l’incidenza dell’analista non si riduce neanche solo all’interpretazione, poiché esiste l’amore di transfert che Freud scopre con sorpresa, nel quale la presenza dell’analista interviene come supporto della funzione, non dell’interprete, ma dell’oggetto.
Lacan non ha mai trattato in modo specifico dei fenomeni psicosomatici. Propone però preziose indicazioni nel Seminario II, nel Seminario XI e nella conferenza sul sintomo riportata in questo numero, in cui afferma che si tratta di un campo ancora inesplorato.
Nella mia formazione medica e scientifica sono stato colpito dall’insistenza di Lacan a sottolineare nel suo insegnamento e nella sua pratica clinica l’importanza del corpo, fatto, curiosamente, ignorato da molti.
Se Freud scopre la conversione isterica e la nozione di compiacenza somatica, Lacan, con la teoria del significante e il concetto di reale, introduce una nuova logistica che consente di cogliere meglio l’effetto del linguaggio sul corpo. La conversione isterica non implica un rimaneggiamento del corpo, né tracce di lesioni: questo salto dello psichico nell’organico resta, sul piano scientifico, un enigma. Nel fenomeno psicosomatico l’uomo di scienza riscontra modificazioni nell’organismo: resta incomprensibile il determinismo delle lesioni nei confronti dell’omeostasi del corpo. Ma l’implicazione di fattori genetici, immunologici e biochimici, specifici in questi processi, ravviva la curiosità poiché mostra implicitamente che il significante, anche nella sua espressione più semplice come il fonema, può avere un’azione sul genotipo umano, creando nella vita dell’individuo nuovi fenotipi.
È come una locanda spagnola: ognuno trova quel che ci porta. Il musulmano è persuaso che se non si conosce il Corano non si capisce nulla degli Scritti. L’ebreo ritrova nel Nome-del-Padre il Dio del roveto ardente e del sacrificio ai Abraham. Il cristiano è sensibile al fatto che la teoria del godimento si ispira a san Paolo, quella dello stadio dello specchio a sant’Agostino, quella della passe a san Tommaso (d’Aquino). Il cattolico romano ritrova il gusto del barocco in questo ex allievo dei gesuiti. Il filosofo vi ritrova il suo Aristotele e il suo Kant, e il cogito che diventa il soggetto dell’inconscio, e la ragione del cuore che passa alla clinica. Lo psichiatra riconosce lo psichiatra. Il logico, il logico. Il matematico vede dappertutto la pratica dei numeri, delle superfici e dei nodi. Il linguista, come il poeta, attesta il senso della lingua. L’etnologo, è vero, storce il naso, ma riconosce di non aver mai incontrato uomo più dotto e animato da così grande curiosità (dixit Claude Lévi-Strauss).