Testimonianze di passe

n. 47/48 – gennaio-dicembre 2010

JACQUES LACAN – Intervento sull’“oggetto a nella cura”
JACQUES-ALAIN MILLER – La passe del parlessere, L’inconscio reale e L’invenzione del delirio
SERGIO CARETTO – L’uomo retto
ANNE LYSY – “Devi andarci!”
LEONARDO GOROSTIZA – La solidità di un vuoto
CÉLINE MENGHI – “La vita è come una gentil donna. Bisona lasciarla vivere”
PIERRE MALENGREAU – Bordo di sembiante
ALFREDO ZENONI – Sembiante di aldilà
STEFANIA MARINELLI – A proposito di Quando la psicoanalisi scende dal lettino
CLAUDIO STRINATI – L’intuizione di Lacan su un dipinto del Bramantino

E articoli di: ANGELINA HARARI, SERGIO PASSOS RIBEIRO DE CAMPOS, GUSTAVO STIGLITZ, PATRICIA BOSQUIN-CAROZ, SILVIA SALMAN, MASSIMO TERMINI, MIQUEL BASSOLS, ROSE-PAULE VINCIGUERRA, CARMELO LICITRA-ROSA, MARTIN EGGE, RAFFAELE CALABRIA, GIORGIA TISCINI, MARIA ANTONELLA DEL MONACO, MARCO FOCCHI, CHIARA MANGIAROTTI, FABIO GALIMBERTI, EMANUELA RADI, NICOLA PURGATO

Nota editoriale

La passe è il merito di questo numero della rivista. Ogni AE (Analyste de l’Ecole, titolo a cui si accede tramite la passe e che viene accordato su decisione del cartello che ha ricevuto dai due passeurs la testimonianza del passant) parla a nome proprio. Non c’è un manuale che faciliti la nomina ad AE per uno psicoanalizzante che desideri farsi passant della propria analisi. Non c’è un manuale, non ci sono standard per diventare analista. Eppure ci sono degli AE, degli analisti che, dopo la passe e a causa di essa, sono riconosciuti come tali dalla Scuola Una. Parlo della Scuola Una poiché è un titolo che, sebbene venga conferito solo da uno dei cartelli delegati a questo scopo, è riconosciuto come tale da tutte le Scuole del Campo freudiano. E dalla Scuola Una viene richiesto che, per il periodo temporaneo di tre anni in cui è fregiato di questo titolo, ogni AE insegni su che cosa l’esperienza psicoanalitica gli abbia apportato e in che modo egli possa contribuire nell’elaborazione della teoria e nell’operatività della pratica psicoanalitica.

In questo numero La Psicoanalisi riporta dunque delle testimonianze di AE pronunciate in occasione dell’ultimo Congresso dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi che si è tenuto a Parigi in aprile del 2010. Il lettore potrà apprezzare, nel racconto delle varie passe, l’implicazione degli AE: di tutti e di ciascuno, uno per uno. Sempre a proposito della passe il testo di Jacques-Alain Miller porterà al lettore lumi supplementari. Abbiamo poi pensato di riportare, oltre ad altri interventi, tutte le comunicazioni pronunciate dai Colleghi italiani nel corso del medesimo Congresso.

Come avviene fin dal suo primo numero, anche in questo numero della rivista viene riportato un testo di Lacan. Si tratta di un breve intervento da lui pronunciato durante la discussione che aveva fatto seguito alla comunicazione di Serge Leclaire sull’oggetto a nel corso delle Journées de l’Ecole freudienne de Paris del maggio del 1971. Si tratta, a mio parere, di un vero gioiello. Pierre Malengreau vi ha dedicato un commento, che riportiamo più avanti. Facciamo tuttavia qualche puntualizzazione.

L’intervento di Lacan parte dall’oggetto a, ma tutta la sua argomentazione ha come fulcro un altro punto: si tratta della vera faglia beante che costituisce l’essere parlante in quanto tale. Tale faglia fa sì che la domanda che intercorre tra il soggetto e l’altro (diciamo tra il bambino e la madre, per rendere più incarnato il discorso) si imponga con un carattere di imperiosa necessità, ma rivela anche la radicale inadeguatezza della domanda. Lacan in questo breve testo non lo dice, ma proprio per questo motivo ogni domanda è domanda d’amore, poiché l’amore è ciò che verrà a colmare la mancanza. La faglia però resta intatta.

Secondo punto. Lacan sottolinea che l’oggetto a non è una sua invenzione ma una costruzione che egli ha ripreso da Freud, e ricorda che l’importanza di quest’oggetto è capitale non solo per quanto riguarda la funzione della domanda e quella del desiderio, ma anche a causa dell’isoformismo che egli reperisce tra l’oggetto a e la posizione dell’analista nell’esperienza psicoanalitica. Posizione che egli aveva già precisato nel matema del discorso dell’analista che aveva messo in musica nel seminario svolto nel 1969-1970, Il rovescio della psicoanalisi (Einaudi).

Terzo punto. In questo intervento, Lacan fa un netto riferimento al seminario che egli sta tenendo, Di un discorso che non sarebbe del sembiante (Einaudi).

La lezione, che Jacques-Alain Miller, quando ha stabilito il testo, ha intitolato « L’uomo e la donna e la logica », è del 19 maggio 1971, ossia di qualche giorno dopo le Journées. Un passo ci interessa particolarmente. Lacan riprende la faglia beante, aperta come una forbice, ovvero come una V. Si tratta dunque di una struttura triplice che non si richiude : si tratta della triade della domanda, dell’articolazione desiderante e dell’oggetto ; si tratta della triade del sembiante, della verità e del godimento ; si tratta, infine, della triade che si istituisce tra l’uomo, la donna e il fallo. Ora, è proprio grazie e per la virtù del fallo – che è un terzo che però non funziona da medium – che tra l’uomo e la donna la faglia resta beante. Il che permette a Lacan di enunciare il suo famoso aforisma « non c’è rapporto sessuale », ossia che non c’è matema possibile del rapporto tra l’uomo e la donna, ma contemporaneamente gli permette di affermare che questa faglia è velata e coperta da ogni parola d’amore.

Antonio Di Ciaccia

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