Bion, Lacan e l’istituzione

n. 59 gennaio-giugno 2016

JACQUES LACAN – Appunti in tedesco in preparazione alla conferenza sulla Cosa freudiana
JACQUES-ALAIN MILLER – Dall’Altro all’Uno

ERIC LAURENT – Istituzione del fantasma, fantasmi dell’istituzione
SABRINA DI CIOCCIO – Il gruppo di Bion orientato dall’etica di Lacan
CARLOS ERNESTO BARREDO – Bion e Lacan: riflessioni a partire dalla griglia
FABIO GALIMBERTI – Bion e il timore del capo
ALBERT MASON – Intervista di Sabrina Di Cioccio
JACQUES DUFOUR – Dalla follia al genio: Joyce-Lacan/Beckett-Bion
HILDA CATZ – Il fanatismo come presenza di un’assenza, imbanderiata dalla certezza. Una relazione possibile tra Bion e Lacan
ALESSANDRO AMERICO – Osservazioni sul leader, il transfert e l’amore
GIUSEPPE ORESTE POZZI – L’opera di Bion o della psicoanalisi come antidoto alle grandi selezioni sociali
ANTONIO DI CIACCIA – Il bambino e l’istituzione
AMELIA BARBUI – Esercitarsi con il non-tutto

TRA GLI ALTRI AUTORI: ANNA CASTALLO,  NADIA FUSINI, SERGIO SABBATINI, ELISABETTA SPINELLI, CÉLINE MENGHI, ANNE LYSY, ANTONELLA DEL MONACO.

Nota editoriale

Lacan e Bion.
Anzi, Bion e Lacan.
Ci raccontano che Bion non avesse una grande stima per il Lacan psicoanalista – almeno così viene detto nell’intervista concessa da Albert Mason a Sabrina Di Cioccio, curatrice di questo numero della rivista. Al contrario, sappiamo che Lacan aveva stima, ammirava la soluzione che Bion aveva trovato per delle situazioni che rasentavano l’insubordinazione e che, soprattutto in tempo di guerra, non possono essere tollerate. La soluzione di Bion era inedita. Lacan, al di là della fattibile operatività dell’invenzione bioniana, percepisce che si tratta di una soluzione che risuona con quanto egli stava elaborando sulle dinamiche del funzionamento dell’inconscio. Come sappiamo Lacan a volte anticipa se stesso, e per arrivare a farne insegnamento ci mette poi quel tempo che ci vuole con un lento movimento che si concretizza in un lampo. L’ossimoro σπεῦδε βραδέως o, se vogliamo ricorrere alla traduzione latina cara ad Aldo Manuzio, festìna lente, fu a detta di Svetonio il motto di Augusto – ed è il motto di Lacan.
È così che nasce il ‘cartello’. Elemento funzionale che Lacan arriva a proporre alla sua Scuola come uno strumento essenziale per coloro che sono presi dal discorso analitico: il cartello è il risultato della riflessione di Lacan sul funzionamento del gruppo bioniano. Riflessione che Lacan svilupperà inoltre su ciò che noi chiamiamo ‘istituzione’.
C’è inoltre un altro punto in cui si nota la vicinanza nell’elaborazione sulla teoria analitica che hanno sviluppato questi due grandi analisti, senza però che questa volta ci sia – a mia conoscenza – una qualche influenza: faccio riferimento all’analista senza memoria di Bion o all’analista di Lacan che è presente in ogni seduta come se fosse sempre la prima.
L’inedito di Lacan in italiano è la traduzione di un testo che Lacan pronunciò in tedesco ed è sulla Cosa freudiana. Il testo di Jacques-Alain Miller, invece, ci apre la porta all’ultimo insegnamento di Lacan. Laddove Lacan si lascia guidare non più, o non solo, da Freud-Virgilio, ma soprattutto da Joyce-Virgilio, poiché, interrogando la sua pratica di scrittura, arriva a mettere a fuoco “ciò che c’è di singolare in ogni individuo”,[1] ossia il sinthomo.

Antonio Di Ciaccia

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