Editore: Astrolabio – La Psicoanalisi

Altri scritti

 

n. 55 – gennaio-giugno 2014

JACQUES LACAN – Apertura della Sezione clinica
JACQUES-ALAIN MILLER – Il filo del fantasma

ANTONIO DI CIACCIA – Il Lacan che Joysce. Tradurre Lacan
MICHELE CAVALLO – Commento a Lituraterra
ROBERTO CAVASOLA – Commento a Prefazione a Risveglio di primavera.
LAURA STORTI – Commento a Televisione
ELISABETTA SPINELLI – Commento a Omaggio a Marguerite Duras, del Rapimento di Lol V. Stein
SERGIO SABBATINI – Commento a Lo stordito
CELINE MENGHI – Commento a Nota italiana
EZIO DE FRANCESCO – Commento a Proposta del 9 ottobre sullo psicoanalista della scuola
NADIA FUSINI – Commento a Joyce il Sintomo
FELICE CIMATTI – Commento a Prefazione all’edizione inglese del Seminario XI
AMELIA BARBUI – Commento a Prefazione all’edizione inglese del Seminario XI
MASSIMO TERMINI – Commento a Prefazione all’edizione inglese del Seminario XI
MANUELA FRAIRE – Presentazione degli Altri Scritti

 

E testi di LUISELLA MAMBRINI, ALFREDO ZENONI, ROMEO CASTELLUCCI, FRANCESCA CARMIGNANI, MARIE-HELENE BROUSSE et alii.

 

Nota editoriale

La pubblicazione della traduzione in italiano del volume Altri scritti di Lacan ha fornito l’occasione per una giornata di studio all’Istituto freudiano di Roma. I diversi autori hanno elaborato il proprio intervento prendendo spunto da una frase estrapolata da uno dei testi contenuti nel volume. Interventi che potrete leggere in questo numero de La Psicoanalisi.

Il testo di Lacan qui pubblicato è l’intervento che egli fece il 5 gennaio 1977 come Apertura della Sezione clinica di Parigi, la quale è stata per lungo tempo l’unica e poi la capostipite di una serie di Sezioni cliniche, ora tutte poste sotto l’egida dell’Università popolare Jacques Lacan diretta da J.-A. Miller.

Lacan situa la formazione dei suoi allievi su due assi: il primo concerne il “divenire” psicoanalista, il secondo riguarda il “sapere” dello psicoanalista. La formazione che concerne il “divenire” psicoanalista avviene secondo il modello di una psicoanalisi freudiana. Lacan ne ha affidato il compito alla sua Ecole per sottolineare il valore precipuo di formazione: un analista è sempre un analizzante in formazione. In Italia questo compito è svolto dalla Scuola lacaniana di psicoanalisi.

La formazione che concerne il “sapere” che lo psicoanalista deve acquisire è invece compito specifico della Sezione clinica.

Due anni prima la presente Apertura Lacan aveva già dato un testo programmatico, che era servito da ouverture al primo numero di Ornicar?, rivista dello Champ freudien. Sotto il titolo, Forse a Vincennes…, c’era l’indicazione “Proposta di Lacan”. Scriveva Lacan: “Forse a Vincennes si aggregheranno gli insegnamenti in merito ai quali Freud ha formulato che l’analista debba trarne appoggio, per dare ulteriore supporto a ciò che ha tratto dalla propria analisi: cioè per sapere non tanto a che cosa questa è servita, ma di che cosa si è servita”.[1] E in questa occasione egli pone, nel novero degli insegnamenti indispensabili, la linguistica, la logica, la topologia e l’antifilosofia.

Nell’Apertura della Sezione clinica che qui presentiamo Lacan non riproprone una lista di saperi con cui lo psicoanalista deve cimentarsi, ma mette in luce la tessitura che si articola tra la clinica psicoanalitica, i diversi saperi e il sapere dell’inconscio. Alcune affermazioni lasceranno il lettore sbalordito, come questa: “L’inconscio […] non è di Freud, devo dirlo, è di Lacan. Ciò non impedisce che il campo sia freudiano”.[2] Oppure la seguente: “Non sono molto incline stasera a dire che quando si fa psicoanalisi, sappiamo dove andiamo. La psicoanalisi, come tutte le altre attività umane, incontestabilmente partecipa dell’abuso. Si fa come se si sapesse qualcosa. Non è tuttavia sicuro che l’ipotesi dell’inconscio abbia più peso dell’esistenza del linguaggio”.[3]

Tutto sommato Lacan propone che il compito della Sezione clinica sia quello di mettere in questione il sapere dello psicoanalista, vale a dire “sia un modo di interrogare lo psicoanalista, di spingerlo a dichiarare le sue ragioni”. Formulazione che metterei in parallelo con quanto Lacan considera il compito che ha lo psicoanalista nella direzione della cura. Già negli anni ’60 egli scriveva: “Dobbiamo penare per far capire, in un ambiente infatuato del più incredibile illogismo, che cosa comporti interrogare l’inconscio come facciamo noi, cioè fino al punto in cui esso dia una risposta non dell’ordine del rapimento o dell’atterrimento, ma una risposta in cui “dica perché”. Se noi conduciamo il soggetto da qualche parte, è appunto a una decifrazione che suppone già nell’inconscio questa sorta di logica […]..[4]

Antonio Di Ciaccia

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[1] J. Lacan, Altri scritti, Torino, Einaudi 2013, p. 309.

[2] In questo volume, a pag. 14.

[3] Ibidem, p. 15.

[4] J. Lacan, Scritti, vol. II, Einaudi, Torino 1974, p. 798.